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La gita alla Palmaria e a Porto Venere

Là fuoresce il tritone
dai flutti che lambiscono
le soglie d’un cristiano
tempio, ed ogni ora prossima
è antica. Ogni dubbiezza
si conduce per mano
come una fanciullezza amica.
Là non è chi si guardi
o stia di sé in ascolto.
Quivi sei alle origini
e decidere è stolto:
ripartirai più tardi
per assumere un volto.
E. Montale






Giovedì 6 maggio,  la nostra classe, accompagnata dalle professoresse Cavallin, Costa e Aronni ha visitato l’isola Palmaria e Portovenere. Siamo partiti dalla stazione di Brignole alle 7.30 per prendere il treno che ci avrebbe portato a La Spezia. Il tempo era molto brutto, diluviava e faceva freddo. Dopo circa un’ora e mezza in treno siamo arrivati a destinazione,lì e abbiamo incontrato la nostra guida, Sergio, che, tra una goccia e l’altra, ci ha portati su un battello diretto all’isola Palmaria. Dopo aver preso i biglietti, Sergio ci ha spiegato in sintesi la nostra gita: cosa avremmo visitato, che cosa avremmo fatto e chi avremmo incontrato. Scesi dal battello muniti di k-way, e ombrelli ci siamo fermati davanti ad una grossa insegna che “riassumeva” un po’ tutte le tappe che avremmo percorso. Dopo una lunga spiegazione la guida, ci ha condotti verso una ripida stradina in un boschetto nascosto che costeggiava l’infinito mare azzurro colpito da piccole goccioline di pioggia. Abbiamo notato un cartello che indicava il nome della via, la strada dei Condannati, così chiamata, ci ha spiegato Sergio, perché un tempo veniva attraversata dai prigionieri che venivano sull’isola al mattino e passavano di lì per andare a lavorare sulla terraferma per poi essere riportati alla sera in prigione. Lungo la strada, la guida, insieme ai nostri professori, ci ha fatto osservare tantissimi tipi diversi di piante e fiori tra cui il tartarantolino, il fiordaliso di Portovenere, l’asparago, il pino marittimo e il pino d’ aleppo, pianta che resiste di più per la quantità d’acqua nella corteccia. Finalmente, ormai esausti per la lunga camminata sotto la pioggia incessante, siamo arrivati nel centro ornitologico dell’isola dove diversi ricercatori catturano uccelli per studiarne le migrazioni e le caratteristiche quali ad esempio la lunghezza delle piume delle ali, il piumaggio e l’età. Per rendere ciascun esemplare catturato riconoscibile in un’eventuale ritrovamento successivo, gli attaccano un anello alla zampa. Abbiamo avuto la fortuna di assistere all’operazione di inanellamento di un esemplare di baglia, un piccolo uccellino capace di volare per molti chilometri senza fermarsi. Dopo aver mangiato e giocato ci siamo diretti all’imbarco e abbiamo raggiunto Porto Venere. un paese molto caratteristico dedicato alla dea Venere. Per prima cosa abbiamo visitato San Pietro, una chiesetta a picco sul mare dove ci siamo fermati un po’ per riposare e qualche d’uno ne ha approfittato per accendere una candelina o recitare una preghiera . L’edificio ha un balcone dal quale si può gettare una monetina ed esprimere un desiderio. Sulle scale di questa chiesa erano presenti dei fossili giallognoli che assomigliavano a dei lombrichi. In seguito, mentre stavamo ritornando verso il borgo di Portovenere la professoressa Costa ci ha fatto notare una pianta che si arrampicava su una casa,tutti noi pensavamo che fosse edera e invece era una pianta di capperi. Arrivati in paese le professoresse ci hanno fatto fare una breve pausa e ci hanno permesso di visitare il borgo liberamente fino alle 17.00. Alcuni di noi ne hanno approfittato per prendere un gelato o una crepe calda, e per girare nel borgo fino alle 17.00 . Giunta l’ora di andare ci siamo imbarcati nuovamente per tornare a la Spezia alcuni con cicatrici e sbucciature. 
Alla stazione abbiamo salutato Sergio e siamo saliti sul treno. Questa gita è stata meravigliosa , l’unico neo, il tempo, ha piovuto tutto il giorno.


Giulia Castagnola, Chanthiya Chandran e Carola Montale